Adempimenti smaltimento eternit



La legge 257 del 1992 ha vietato l'utilizzo e la produzione di eternit e di amianto in qualsiasi forma nel nostro Paese. Il censimento degli edifici con presenza di eternit ha carattere obbligatorio e vincolante per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico e di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti. Le amministrazioni regionali sono responsabili del censimento dei siti contenenti eternit e dei piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto. I proprietari di immobili contenenti eternit devono comunicare alle unità sanitarie locali i dati relativi alla presenza di amianto. Tutti gli edifici nei quali è accertata la presenza di eternit devono essere censiti a
prescindere dalla tipologia di attività ivi svolta. Non sussiste alcun obbligo per la rimozione delle coperture in amianto o eternit, purché lo stato in cui si trovano non sia fonte di rischio. Potrebbe invece essere obbligatorio procedere ad uno degli interventi previsti dalla legge (incapsulamento, sovracopertura e rimozione), nel caso in cui l'eternit risultasse friabile, con conseguente rilascio di fibre. La bonifica ambientale, compito di imprese specializzate, ha registrato fino a oggi costi molto alti che ne hanno bloccato lo smaltimento, scoraggiandone i protagonisti. Nel 2016 la situazione cambia: la Commissione Ambiente del Senato ha approvato le agevolazioni fiscali per gli imprenditori impegnati nella bonifica di capannoni e strutture in cui è stata denunciata presenza di amianto, ma sui quali non si è più intervenuto a causa di costi eccessivi e problemi burocratici. Per coloro che sono coinvolti in bonifica e rimozione della fibra killer, sostenendo una spesa non inferiore a 20.000 euro, sono stati stanziati 5,7 milioni di euro all’anno (e per tre anni). Ai soggetti coinvolti è perciò riconosciuto un credito d’imposta del 50%; l’agevolazione è ripartita in tre quote annuali di pari importo. Le agevolazioni fiscali concesse alle imprese si estendono ad attività quali:
rimozione della fibra killer che elimina la principale fonte di rischio incapsulamento che impregna le lastre di amianto di prodotti penetranti e ricoprenti confinamento che, tramite barriere, isolano l’amianto dall’ambiente che lo circonda. Ma come ci si comporta a livello operativo per effettuare una corretta attività di bonifica dell’amianto? In via introduttiva è necessario premettere che non sempre è possibile rimuovere il materiale (ciò accade per molteplici ragioni , vedi impedimenti strutturali dell’edificio). Un comportamento standard, in ogni caso, è il seguente: una volta accertata la presenza dell’amianto è necessario stilare almeno un programma di controllo e manutenzione, per prevenire il rilascio e la dispersione di fibre, e nel caso intervenire per rimuovere o mettere in sicurezza. La pericolosità più ingente dell’amianto si ravvisa infatti nella sua configurazione in matrice friabile (con fibre libere o debolmente legate), mentre l’amianto in matrice compatta, ovvero il cemento-amianto (fibrocemento o eternit) possiede un grado inferiore di pericolosità: sono infatti le minuscole fibre volatili di amianto che possono causare gravi patologie all’apparato respiratorio. In primo luogo, il proprietario dell’immobile (l’amministratore di condominio per le parti comuni) è sempre tenuto a designare una figura responsabile del rischio amianto, con compiti di controllo e coordinamento dell’attività manutentiva, da cui passa la valutazione dell’eventuale bonifica. Il proprietario deve anche tenere i documenti relativi all’ubicazione dell’amianto, predisporre la segnaletica e le misure di sicurezza, fornire una corretta informazione agli occupanti dell’edificio sui rischi potenziali e i comportamenti da adottare. Il responsabile è tenuto ad individuare la ditta qualificata e abilitata ad eseguire i lavori: ovverosia un’impresa iscritta all’Albo nazionale gestori ambientali, in categoria 10, con coordinatore e operai specificamente formati. La ditta deve redigere un “piano di lavoro” da presentare all’ASL competente per territorio (all’infuori di specifici casi di urgenza) almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. Trascorsi i 30 giorni scatta il silenzio-assenso.
La bonifica può avvenire in 3 diverse modalità:
- incapsulamento: trattare con vernice che ricostruisce la superficie e impedisce la fuga del materiale;
- confinamento: cioè la chiusura dietro murature;
- rimozione del materiale.
Con riferimento alle autorizzazioni edilizie, bisogna tenere presente la tipologia di intervento collegato: nel caso di rimozione parziale, non è necessario nessun documento. Ne caso in cui invece i lavori riguardino la rimozione del cemento-amianto e il posizionamento di un’altra copertura coibentata, diventa necessaria la comunicazione di inizio lavori. Al termine dei lavori il materiale rimosso deve essere trasportato in un centro di stoccaggio o direttamente in discarica: ad effettuare il trasporto può essere la stessa ditta che ha eseguito i lavori, ma solo se iscritta all’Albo in categoria 5 (tutto è indicato nel piano di lavoro inviato all’ASL, anche il tragitto compiuto per lo smaltimento). Al proprietario deve poi tornare entro 90 giorni una copia del Fir (formulario di identificazione rifiuti), che attesta il conferimento presso una discarica autorizzata. l’importo della detrazione è pari al 50% delle spese sostenute fino a un ammontare massimo di 96mila euro (chi spende 15mila euro per la bonifica dall’amianto ne potrà recuperare 7500 in 10 quote annuali). Inoltre nel Collegato ambientale alla Legge di Stabilità stessa, è stato approvato un emendamento presentato dal Governo che prevede un credito di imposta del 50% delle spese sostenute nel 2016 per interventi di bonifica dell’amianto anche su beni e strutture produttive: i fondi previsti per tale attività ammontano a 5,6 milioni di euro per il triennio 2017-2019). Se il vostro edificio contiene amianto friabile allora la legge n.257 del 12 marzo 1992, prevede l’obbligo di notificarlo alle USL competenti, pena sanzioni amministrative. L'USL competente potrà poi richiedere la bonifica della zona dando un tempo limite entro il quale si devono completare i lavori. La situazione cambia se avete amianto compatto (che non può essere sbriciolato se non con strumenti meccanici); non scatta subito l’obbligo di comunicazione perché è meno pericoloso, soprattutto se l’edificio si presenta ancora in buone condizioni. Se invece l’edificio è logorato, allora il proprietario (o amministratore se si tratta di un condominio) deve obbligatoriamente far valutare il livello di rischio da un tecnico abilitato e se questi lo ritiene necessario, dovrà intervenire per isolare o smaltire l’amianto. Di conseguenza la cosa migliore da fare in caso ci si trovi di fronte a dell'eternit che si sospetti essere in uno stato ormai compromesso, è quella di rivolgersi ad una azienda specializzata che provvederà ad effettuare un sopraluogo in cui se ne accerteranno le condizioni. Si potrà così decidere se è necessario procedere con uno smaltimento vero e proprio. Riguardo alla legislazione, ci sono diverse leggi che regolano le responsabilità dei
proprietari degli immobili rispetto all'eternit e più in generale all'amianto e ad altre sostanze pericolose. La legge in ogni caso dispone che le persone siano protette da danni che possono subire a causa dell'immobile stesso. Per questo nel caso nell'immobile vi sia dell'eternit pericoloso, il proprietario ha il compito di occuparsi della relativa messa in sicurezza attraverso un intervento di bonifica in loco o di definitivo smaltimento. la superficie può essere considerata danneggiata quando siano presenti danni evidenti, categoria in cui vano a rientrare fessure, crepe o rotture in misura maggiore del 10%. Una volta accertata questa condizione, si deve procedere alla rimozione della copertura, come indicato nel decreto ministeriale emanato il 6 settembre del 1994. Ove invece il danneggiamento sia inferiore alla misura del 10%, la normativa relativa alla bonifica dei tetti in amianto prevede la necessità della quantificazione dello stato di conservazione da attuare per mezzo dell’applicazione dell’Indice di Degrado. Si tratta di un valore numerico al quale debbono corrispondere azioni conseguenti da parte del proprietario dell’immobile e/o del responsabile dell’attività che si svolge al suo interno. Nel caso che l’Indice di Degrado rilasci un risultato tale da non indicare la necessità di rimozione del tetto, bisogna designare un responsabile al quale affidare compiti di monitoraggio e coordinamento delle attività di manutenzione. Inoltre occorre predisporre una documentazione idonea, garantire la sicurezza delle operazioni di pulizia o di altro genere riguardanti il tetto e fornire informazioni a tutti coloro che operano o abitano all’interno dell’immobile.

Indice di Degrado: come funziona

La normativa sulla bonifica dei tetti in amianto prevede degli automatismi in base alrisultato. In particolare:
1) se il risultato è inferiore a 25 non c’è necessità di intervenire, ma occorre procedere alla definizione dell’ID ogni due anni;
2) se è compreso tra 25 e 44 occorre bonificare entro tre anni;
3) se oltrepassa i 45 occorre procedere all’immediata rimozione, da completare nei successivi dodici mesi.
I metodi di bonifica previsti dalla normativa vigente sono la sovracopertura, l’incapsulamento e la rimozione. Nel primo caso si aggiunge una copertura a quella esistente, a patto che la stessa possa sopportare il carico. Nel secondo caso la superficie viene trattata con prodotti coprenti, con il rilascio di certificazione da parte dell’impresa incaricata. Nel terzo caso, si procede alla rimozione definitiva e allo smaltimento del materiale in discarica.

La Legge n° 257/92 non vieta l'uso di materiali contenenti amianto (intendendo come uso l'adoperare, il servirsi di manufatti), e non impone la rimozione del materiale contenente amianto già in opera.

Decreti Ministeriali successivi definiscono i criteri di valutazione del rischio amianto negli
edifici, le procedure di campionamenti ed analisi, le tipologie della bonifica e le modalità
della rimozione. In particolare, il D.M. 06/09/94 “Normative e metodologie tecniche d’applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della Legge 27 marzo 1992, n° 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto”, classifica i materiali contenenti amianto come: friabili: materiali che possono essere facilmente sbriciolabili o riducibili in polvere con la semplice pressione manuale; compatti: materiali duri che possono essere sbriciolabili o riducibili in polvere solo con l’impiego d’attrezzi meccanici (dischi abrasivi, frese, trapani, ecc.)

La Regione Emilia-Romagna, al fine ditutelare la salute sia della popolazione
professionalmente esposta sia della popolazione generale, e tendendo a eliminare

totalmente o quanto meno a ridurre ai livelli minimi possibili l’esposizione all’amianto:
· ha predisposto, in attuazione dell’art. 10 della Legge n° 257 del 27 marzo 1992, e
adottato con Delibera di Consiglio n° 497 dell’11 dicembre 1996, il “Piano di protezione
dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai
pericoli derivanti dall’amianto”, denominato più semplicemente “Piano Regionale di Protezione dall’Amianto”; ha approvato, con Delibera di Giunta regionale n. 1302 del 5 luglio 2004, il Progetto “Mappatura delle zone del territorio regionale interessate dalla presenza di amianto”, effettuando la “Mappatura degli edifici pubblici o privati aperti al pubblico con presenza di Amianto”, prescegliendo gli edifici pubblici o privati aperti al pubblico. La presenza di materiali contenenti amianto in un edificio non comporta di per sé un pericolo per la salute degli occupanti. Se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso, è estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto. Se invece il materiale viene danneggiato per interventi di manutenzione o per vandalismo, si verifica un rilascio di fibre che costituisce un rischio potenziale. Se il materiale è in cattive condizioni, o se è altamente friabile, le vibrazioni dell´edificio, i movimenti di persone o macchine, le correnti d´aria possono causare il distacco di fibre di amianto scarsamente legate al resto del materiale. Pertanto la prima cosa da fare in presenza di materiali contenenti amianto è la nomina, da parte del proprietario delle aree, di un responsabile per il controllo e la manutenzione, che dovrà procedere alla valutazione del rischio legato al potenziale rilascio di fibre nell´aria. In relazione ai risultati della valutazione dovranno mettere in opera degli interventi che possono essere di controllo (nel caso di materiali in buono stato) o di bonifica (nel caso di materiali in cattivo stato). Nel caso in cui permanessero dei dubbi è bene informarsi presso enti e associazioni che operano nel campo della prevenzione.

Avvocato Cinzia Novelli

[Dalla rubrica "L'avvocato risponde" della rivista mensile InValmarecchia.]

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