Disoccupazione: anche ai lavoratori autonomi spetta l’assegno
Riconosciuta dalla Corte di Giustizia l’indennità di disoccupazione a tutti i cittadini dell’Unione Europea lavoratori autonomi.
Da oggi non saranno solo i lavoratori dipendenti a percepire l’assegno di disoccupazione in caso di perdita del lavoro, ma anche gli autonomi.
E questo deve valere in tutti gli Stati Membri dell’unione europea. Ad
affermarlo è la Corte di Giustizia Europea con una tanto recente quando
importante sentenza appena resa nota [1]. La conseguenza è di
tutta evidenza: se l’autonomo è costretto a chiudere la propria attività
lavorativa, magari a causa della crisi economica, ha diritto
all’ammortizzatore sociale previsto dalla normativa statale nel quale si
trova in quel momento.
Il concetto di «disoccupazione involontaria»
– si legge nella sentenza in commento – non è limitata ai soli casi di
lavoro subordinato, ma comprende anche lo stato di cessazione di
un’attività professionale autonoma, se causato da «ragioni indipendenti
dalla volontà della persona interessata, come può essere una situazione
di recessione economica».
La questione nasce dalla richiesta
fatta da un cittadino rumeno che, per cinque anni, aveva svolto
l’attività di imbianchino e poi era stato costretto a chiudere per
assenza di commesse. L’uomo si era poi trasferito in Irlanda dove aveva
chiesto l’indennità di disoccupazione per autonomi, prevista da una
legge del 2005 [2], ma lì gli era stata negata. E questo perché la direttiva comunitaria del 2004 [3]
prevede il diritto dei lavoratori di circolare e soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri per periodi superiori a
tre mesi a condizione di lavorare (onde non essere un eccessivo peso per
lo Stato ospitante).
Secondo la Corte di Giustizia europea,
analogamente a un lavoratore subordinato che può involontariamente
perdere il suo lavoro dipendente a seguito, in particolare, di un
licenziamento, una persona che ha esercitato un’attività di lavoro autonomo
può trovarsi costretto a cessare tale attività. Questa persona potrebbe
pertanto trovarsi in una situazione di vulnerabilità paragonabile a
quella di un lavoratore subordinato licenziato. In simili circostanze,
non sarebbe giustificato che detta persona non beneficiasse, per quanto
riguarda il mantenimento del suo diritto di soggiorno, della tutela di
cui gode una persona che abbia cessato di essere un lavoratore
subordinato.
Una simile disparità di trattamento sarebbe
ancor meno giustificata in quanto porterebbe a trattare una persona, che
ha esercitato un’attività autonoma per oltre un anno nello Stato membro
ospitante e che ha contribuito al sistema sociale e fiscale di tale
Stato membro mediante il pagamento delle tasse, imposte e altri oneri
che gravano sul reddito, nello stesso modo di una persona che è alla
ricerca di un primo impiego nel citato Stato membro, che non ha mai
esercitato un’attività economica in quest’ultimo e non ha mai versato
contributi previdenziali a tale sistema.
Da tutto quanto precede risulta che una persona che ha cessato di essere un lavoratore autonomo a causa della mancanza di lavoro
dovuta a ragioni indipendenti dalla sua volontà, dopo aver esercitato
una simile attività per oltre un anno, può, analogamente a una persona
che abbia involontariamente perso il suo impiego dipendente dopo averlo
occupato per un ugual periodo, beneficiare della tutela offerta dalla
direttiva comunitaria riguardante il diritto di soggiorno [4]: lo
Stato ospitante quindi dovrà riconoscere all’ospitato tutti i diritti
riconosciuti ai propri lavoratori. Ivi compreso – come in Irlanda – il diritto all’indennità di disoccupazione prevista per i lavoratori dipendenti. In ogni caso, tale cessazione di attività deve essere debitamente comprovata.
Il risultato pratico è
che se un cittadino italiano, lavoratore autonomo, dovendo chiudere la
propria attività per crisi economica, si sposta in Irlanda, potrà essere
mantenuto dallo Stato e ottenere lì l’indennità di disoccupazione che
la legge italiana invece non gli riconosce.
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