L'ASSEGNO DIVORZILE E I DIRITTI SUCCESSORI DEL CONIUGE DIVORZIATO
Tra
i numerosi quesiti sottoposti alla mia attenzione ve n'è uno che in
tempi di crisi come questi spesso mi viene riproposto. La Signora
N.N. mi scrive: “sono
divorziata dal 2005 con sentenza che prevede la corresponsione in
mio favore di un assegno divorzile di € (…), all'epoca lavoravo
saltuariamente tuttavia oggi, a causa della crisi economica, mi trovo
a casa e senza altra fonte di reddito. Posso chiedere al mio ex
marito, che è benestante, un aumento di questo assegno? Nel caso lui
dovesse decedere perderò il diritto a questo assegno che, seppure
piccolo, mi consente di andare avanti?”.
Quando uno dei coniugi non ha
mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettive, la
legge sul divorzio prevede che nella sentenza di divorzio il
Tribunale disponga, a carico del coniuge, l'obbligo di versare
all'altro coniuge un assegno periodico: l'assegno divorzile (si
tratta di una contribuzione economica con funzione assistenziale).
Quindi se il coniuge economicamente più debole gode di un proprio
reddito in quanto ha un lavoro o percepisce una pensione o altro, ma
questo non è sufficiente per il suo sostentamento, il coniuge che
disponga di un reddito maggiore potrebbe essere tenuto a tale
versamento periodico.
Presupposto
necessario per la concessione dell'assegno è l'insufficienza delle
risorse finanziarie del coniuge economicamente più “debole” per
conservare un tenore di vita analogo a quello avuto nel corso del
matrimonio, senza che sia necessario un vero e proprio stato di
bisogno.
Se poi dopo la pronuncia della
sentenza di divorzio, mutano le condizioni economiche di uno degli ex
coniugi, è possibile proporre un ricorso al Tribunale per la
modifica delle condizioni di divorzio diretto a far cambiare la
quantificazione e/o le modalità di versamento dell'assegno. Se il
Tribunale riterrà sussistenti giustificati motivi sopravvenuti,
accorderà la modifica richiesta.
Se l'assegno viene corrisposto
in un'unica soluzione, viene meno qualunque diritto della parte che
lo ha ricevuto a proporre ulteriori richieste di natura economica.
L'importo dell'assegno di
divorzio è determinato dal Tribunale che compiendo un'attenta
valutazione deve tenere conto di diversi criteri quali le condizioni
dei coniugi (le loro abitudini, il loro ambiente sociale, lo stato di
salute...), le ragioni della decisione ossia dei comportamenti che
hanno determinato la fine del rapporto, il contributo sul piano umano
ed economico che è stato dato da ciascun coniuge alla vita
familiare, nonché alla formazione del patrimonio e infine il reddito
di entrambi. Tutto ciò va valutato anche in rapporto alla durata del
matrimonio, ad esempio una durata eccezionalmente breve del
matrimonio potrebbe indurre il Tribunale a non concedere l'assegno.
Il Tribunale, inoltre, nelle
sue indagini, può avvalersi, anche del contributo della Polizia
Tributaria, soprattutto quando dalla documentazione fornita dalle
parti emergono dubbi sulla reale consistenza del patrimonio di un
coniuge o in caso di contestazioni.
Il diritto a percepire
l'assegno divorzile si perde:
-
quando il beneficiario si risposa;
-
quando il coniuge tenuto al versamento muore. In tale ipotesi però il coniuge beneficiario ha la possibilità di godere di altre forme di tutela, ad es. attraverso la pensione di reversibilità;
-
quando, dopo la sentenza di divorzio, il coniuge tenuto al versamento dimostra che l'ex coniuge beneficiario ha acquisito i mezzi per provvedere al proprio sostentamento o non si trova più in stato di bisogno ( questo è il caso in cui il beneficiario inizia una convivenza con un partner abbiente che può provvedere anche alle sue necessità).
In
generale con il divorzio viene meno lo status di coniuge e,
conseguentemente, cessano tutti i diritti che la legge riconnette ad
esso. Pertanto il "coniuge divorziato" non
ha alcun diritto successorio
nei confronti del de cuius, ex coniuge e, non avendo la qualità di
erede, non partecipa alla chiamata ereditaria, se non in forza di una
specifica disposizione testamentaria. Tuttavia, qualora venga
disposto il pagamento dell'assegno mensile, il coniuge che lo riceve,
in caso di morte
dell'ex coniuge,
potrà vedersi riconosciuto automaticamente il diritto alla pensione
di reversibilità, o ad una quota di essa, ed altresì potrà,
qualora versi
in stato di bisogno,
richiedere un assegno a carico dell'eredità proporzionale alla somma
percepita con assegno mensile. L'ammontare di quest'ultimo terrà
conto dell'assegno di divorzio, dell'entità del bisogno e
dell'eventuale attribuzione della pensione di reversibilità, nonché
del numero, della qualità degli eredi, della loro condizione
economica e dell'ammontare delle sostanze ereditarie (in nessun caso
il suo ammontare può essere superiore al valore delle sostanze
relitte e, in caso di eredità passiva, nulla sarà dovuto).
La corresponsione dell'assegno
è legata al perdurare dello stato di bisogno, per cui il diritto si
estingue alla cessazione di tale condizione, ma sorge nuovamente con
il ripresentarsi della stessa.
Previo accordo delle parti, la
corresponsione dell'emolumento potrebbe avvenire in un'unica
soluzione, con il conseguente venir meno di qualsiasi pretesa futura.
Anche in questo caso l'assegno
non è dovuto se l'ex coniuge superstite passa a nuove nozze.
Avvocato Cinzia Novelli
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